Ser Lampo
“Sceso alcuni scalini più basso, Ser Lampo si teneva ritto e silenzioso come una statua, l'occhio nella cavità immane, come invocasse con ferrea volontà la potenza misteriosa che si agitava in quegli avanzi di morte... I teschi aprivano lentamente le ganascie, e per la fosforescenza delle occhiaie si venivano atteggiando in bizzarri modi: di gioia e di dolore, d'ira e di dolcezza, di preghiera e di minaccia, di disperazione e di speranza, di scherno e di pietà, di spasimo e di stupore. Ed ecco un rumore curioso, un lungo sospiro d'angoscia uscire dalle loro bocche, che or si chiudevano, ora si spalancavano secondo il raccorciarsi o l'allungarsi della scala, cioè secondo il moto lento, uniforme, che misteriosamente la spingeva all' ingiù; al quale seguiva uno scricchiolìo sempre più crescente e infernale, uno stridore cupo e prolungato come quello che viene dalle grandi e potenti macchine motrici dei moderni opifici industriali.
È in tale maniera che si va nel centro della terra? - pensavo”.
Baccio Emanuele Maineri